domenica 13 luglio 2014

EAP E AUTOPUBBLICAZIONE

Sugli EAP, acronimo di editoria a pagamento, si è già scritto e si scrive molto. Per approfondimenti su questo fenomeno solo italiano e destinatario di una proliferazione di opinioni, rimando a siti utili e approfonditi come  Scrittori in causa binario/, Lipperatura, Scrittevolmente, Writer's dream. Per chi volesse farci un giro merita la pena, per l’impegno di chi li cura e per l’utilità delle informazioni.

Ho scelto questo argomento per iniziare, anche per rendere un tributo ai suddetti blogger, senza i quali ci sarei cascata anch’io con tutte le scarpe: avendo scritto un romanzo, e considerata la situazione dell’editoria su cui pure si è già approfondito in altre sedi, pensavo già di trovare un editore disposto a pubblicarmelo a un prezzo ragionevole. Nulla di più sbagliato, e per questo devo ringraziare i post che mi hanno aperto gli occhi. Decisamente meglio optare per l'autopubblicazione.

Riassumendo in breve:

PUBBLICAZIONE- L'editore investe sull'opera dell'ingegno e paga le spese di pubblicazione. L'editore promuove e vende il prodotto. L'editore riconosce una percentuale del guadagno allo scrittore che ha fornito la "materia prima", il cosiddetto diritto d'autore.

EAP - Paghi per far pubblicare il tuo romanzo. Tutti i diritti passano alla casa editrice. L'editore non fa nulla per promuovere e vendere il libro, tanto ha già guadagnato. Devi venderti il romanzo da solo. I soldi delle vendite vanno alla casa editrice, che poi ti riconosce una percentuale, generalmente molto piccola, poiché sei un esordiente. Roba da pazzi, eppure sapete quanti ci cadono?

AUTOPUBBLICAZIONE - Paghi per far stampare il romanzo (una tipografia). Ti devi promuovere e vendere il libro da solo, ma tutti i diritti e i ricavi sono tuoi. Se decidi di usufruire di una vetrina per pubblicizzare l'opera (generalmente un portale online), sarai tu a corrispondere una percentuale a chi te l'ha fornita.

Vorrei però qui concentrarmi su un altro aspetto, che quadra poco. In tutte le discussioni in cui si parla di editoria e di esordienti, ho percepito un sottofondo di sospetto e discriminazione nei confronti di chi decide di fare da sé. Un leit motiv detto a mezza bocca che recita più o meno così: "Attento, che se pubblichi da solo sei bruciato". Un editore potrebbe non prenderti in considerazione, anche con un buon prodotto, solo per il fatto di esserti proposto di tua iniziativa. Come se autoproporsi fosse una sfida, una provocazione per cui poi qualcuno potrebbe fartela pagare.

E ancora, si nota una tendenza al compatimento, quando non all'aperto disprezzo, degli scrittori che pubblicano con le case editrici, nei confronti di coloro che si autopubblicano. Arricciate di naso che sussurrano: "Così son capaci tutti. Se ti pubblichi da solo, vuol dire che non sai scrivere". Un po' come dire: "Se ti metti in proprio, anziché cercare un impiego da dipendente, è perché sei un incapace sul lavoro".

Ora, è certamente vero che così son capaci tutti. Io posso scrivere l'elenco del telefono o il riassunto dettagliato della mia banalissima vita e trasformarlo in un libro con tanto di copertina. Quello che non capisco è perché dia tanto fastidio.

Non è un fenomeno che si verifica per le altre arti. Pensiamo a quante compagnie di teatro amatoriale pullulano le scene. Nessun attore professionista ne è infastidito. Né alcun artista affermato si sognerebbe mai di predersela con gli aspiranti che  espongono nei mercatini. Non è chiaro, invece, perché questo accada nell'editoria. Viene da pensare che il problema non sia che qualcuno senza talento si improvvisi scrittore. Quello al massimo può far sorridere. Forse la motivazione è da ricercarsi nel fatto che la scrittura, rispetto alle altre forme d'arte, ha un impatto sul pubblico più immediato: allora, il rischio concreto è che qualcuno, mediante l'autopubblicazione, possa diffondere idee che sfuggono a un controllo preventivo.

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