lunedì 14 luglio 2014

SAMARCANDA - Aprile 2014

 

Samarcanda, ci credi che esiste davvero quando la vedi comparire dalla strada. Prima è un mito, un'idea favolosa, e fino alla fine il dubbio rimane.

L'Oriente e l'Occidente convergono qui, per un attimo, prima di riprendere ciascuno la propria strada. I contrasti si amalgamano e si confondono, si mescolano le lingue, il taglio degli occhi e i colori degli abiti.

 
 
 
 






E' un luogo difficile da raccontare. Appena dietro una bellezza che nessuna parola può bastare a descrivere, si cela un pianeta sconosciuto fatto di auto che combattono con le buche sul selciato, polvere che si alza a ogni passo, animali che pascolano sul ciglio della strada e occhi sgranati di bambini che si chiedono cosa ci sei andato a fare, lì, perché non ti sei fermato prima, nell'oasi di splendore del Registan, dei viali puliti e delle moschee blu.








Il mercato è un incrocio di colori di spezie e foulard di donne, profumo di pane e carne arrostita, mentre poco più in là spuntano le bancarelle con gli orologi e le radioline made in China.





 
 
 
I locali suonano la tua musica, i taxi sfrecciano nella notte con l'autoradio alzata al massimo, perché è salito un occidentale, e ti illudi di non essere poi così lontano da casa. Ma subito arriva qualcuno, o qualcosa, a fartela svanire, quell'illusione, a ricordarti che qui si non si parla la tua lingua e questo è un mondo diverso. Basta uno sguardo ad ammonirti, che la confidenza indiscreta non è gradita in questo altrove che gioca tra il mostrarsi e il nascondersi, che si fa conoscere, ma non troppo da vicino.
 
 
 

 


Samarcanda non ha paura del tempo, non lo insegue né lo perde, lo lascia scorrere. Le persone lavorano, camminano, e se non hanno nulla da fare si siedono, guardano e aspettano. Quando scende il buio tutto tace, e il silenzio conserva le storie di un passato fatto di grandi conquistatori, mercanti e viaggiatori favolosi. Del futuro, qui non si parla, è ignoto e a nessuno interessa il benché minimo tentativo di prevederlo.
 




A Samarcanda tutto passa senza fermarsi, ma nulla va perso, di ciascun elemento resta una traccia, per sempre. Tracce diverse che si fondono e si confondono, la modellano e la rendono una città diversa e immutabile. In una parola, eterna.
 






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